Più volte, specie nei primi mesi di "vita" del nostro diario virtuale, ci siamo definiti uomini "straordinari".
Il termine che come facilmente si può intuire deriva dal latino "
extraordinarium" è per l’esattezza composto dai due vocaboli "
extra" - fuori ed "
ordinarius" - ordinario.
Nella lingua italiana ha due significati: in primo luogo "
ciò che non è ordinario, che non rientra nella normalità: un fatto, un fenomeno straordinario" in secondo luogo sta altresì ad indicare "
grandissimo, eccezionale: una forza, una intelligenza straordinaria".
Personalmente sono portato a ritenere il vocabolo perfettamente calzante con la natura del canottiere, mi riferisco ovviamente a quanti abbiano colto nella loro esperienza remiera ciò che è la vera essenza del nostro sport e di quella che è una sua fondamentale componente "l’agonismo".
Non nascondo che l’esserci apostrofati in tal modo mi ha portato sovente a riflettere e a ritenere che vi sia nella definizione un
prius necessario ma non sufficiente che risiede nella prima parte della definizione.
Non rientrare nella normalità.
È la regola per chi decide di intraprendere da ragazzo con costanza e serietà la nostra attività sportiva e questo è tanto più vero quanto ci si fermi ad osservare il proprio passato e lo si confronti con quello di uno qualsiasi dei propri coetanei. L’alienazione dalla società (ordinaria) non può essere evitata da chi deve quotidianamente dedicare svariate ore ad allenarsi, sappiamo bene, volendo fare banali esempi, che il nostro fine settimana è stato di molto differente da quanto possa coinvolgere ed entusiasmare comuni teenagers.
I fattori che permettono di orientare le proprie scelte verso l’extraordinarium sono i più svariati, taluni potremmo considerarli oggettivi, talaltri soggettivi in relazione anche alla intensità dell’influenza sul singolo soggetto.
Vorrei fermare la nostra attenzione su quell’attitudine di cui ci siamo nutriti dacché abbiamo varcato quel cancello azzurro e siamo divenuti parte di quella geniale intuizione che è il C.U.S. di Bari. Lo
spirito sportivo – agonistico, l’anelito del continuo miglioramento di se non concluso in se stesso, ma che comporta necessariamente il confronto leale con il proprio avversario, identificato all’eccesso finanche con i propri compagni di barca o con i propri limiti.
Il canottiere raggiunge l’astrazione dal mondo "ordinario" al punto che si potrebbe definire "
competitions addicted" ossia "dipendente" o se preferite assuefatto alle gare e quindi allo spirito competitivo. Proprio il riuscire a indirizzare correttamente nel reale questa dipendenza permette di raggiungere il
posterius ossia divenire un uomo "
extraordinarium" nella seconda e piena accezione del termine. La difficoltà che anch’io ormai marginalmente impegnato nelle gare e negli allenamenti incontro quotidianamente per trasformare in forza positiva l’assuefazione e l’astinenza da un mondo che "non esiste" è talvolta enorme.
Sono tuttavia fermamente convinto che due elementi siano indispensabili per superare i momenti di sconforto: la compagnia dei miei "compagni di barca" quale che sia la loro età anagrafica, e l’impegno costante nei modi più svariati per far sì che nuovi ragazzi, prossimi compagni, possano
stravincere con indosso una tutina rossa.